
(Adnkronos) –
Non si fermano i combattimenti tra Thailandia e Cambogia, giunti al quarto giorno consecutivo nonostante i segnali di apertura al dialogo e la mediazione del presidente statunitense Donald Trump. Il bilancio delle vittime è salito ad almeno 33 morti e oltre 200.000 sfollati, in quella che è la più sanguinosa escalation tra i due Paesi da anni, concentrata attorno a due templi antichi contesi lungo il confine settentrionale. In mattinata si sono registrati nuovi scontri d’artiglieria, con entrambe le parti che si accusano reciprocamente di aver dato il via alle ostilità. Secondo Phnom Penh, l’attacco sarebbe partito dai thailandesi intorno alle 4:50 del mattino, mentre Bangkok sostiene che siano state le forze cambogiane ad aprire il fuoco mezz’ora prima. I colpi hanno raggiunto anche aree civili nella provincia thailandese di Surin, secondo il ministero degli Esteri di Bangkok, che ha accusato la Cambogia di "gravi violazioni del diritto umanitario". Dopo un colloquio telefonico con Trump, entrambi i premier – Hun Manet per la Cambogia e Phumtham Wechayachai per la Thailandia – hanno dichiarato di essere pronti ad avviare un cessate il fuoco e colloqui di pace. Tuttavia, sul terreno la tensione resta altissima e nessuna delle due parti sembra intenzionata a fare un passo indietro. Le Nazioni Unite hanno esortato a un cessate il fuoco immediato, mentre continuano le accuse incrociate su crimini di guerra, con la Cambogia che denuncia l’uso di munizioni a grappolo e la Thailandia che lamenta attacchi contro ospedali e infrastrutture civili. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)