venerdì, Giugno 20

Omicidio Willy, esce il libro di Gabriele Bianchi: “La verità che nessuno vuole accettare”

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(Adnkronos) – "Io sono Gabriele Bianchi, uno dei fratelli Bianchi, carcerato da quasi 5 anni, condannato per un crimine che non ho commesso. Solo leggendo il mio libro capirai che pochi secondi possono cambiarti la vita per sempre. E che un innocente può finire all'inferno senza aver peccato…". Inizia così la prefazione del libro visionato in anteprima dall'Adnkronos, scritto dal 30enne di Alatri nella cella del carcere di Rebibbia dove sta scontando la pena a 28 anni di carcere per l'omicidio di Willy Monteiro Duarte, il 21enne di origini capoverdiane massacrato e ucciso di botte a Colleferro la notte tra il 5 e il 6 settembre di cinque anni fa. E' in vendita online il libro sulla sua verità, "La verità che nessuno vuole accettare", lo ha intitolato. Settanta pagine per raccontare quello che definisce "un processo mediatico, con un esito già scritto".  Condannato inizialmente all'ergastolo insieme al fratello Marco, si è visto ridurre la pena nel processo bis. Per lui la Corte d'Assise d'Appello di Roma ha rideterminato la pena, riconoscendo le attenuanti generiche concesse in primo appello. Lo ha d'altronde ripetuto in aula più volte, quando ha espresso la volontà di rilasciare spontanee dichiarazioni. "Sono un innocente che l'opinione pubblica ha condannato prima che potesse uscire la verità – scrive nella prefazione – Una verità che urlo a gran voce da quasi 5 anni. Non sono un assassino senza cuore, un mostro senza anima che ha pestato a morte un ragazzo. Io non ho ucciso nessuno". "Negli ultimi quattro anni della mia vita, ho visto sgretolarsi le certezze che credevo incrollabili. Affetti che pensavo eterni si sono dissolti nel vento, amori che reputavo indistruttibili si sono trasformati in ricordi sfocati. I miei progetti, le mie speranze, i miei sogni si sono frantumati come castelli di sabbia travolti dall'alta marea, lasciandomi con le mani vuote e il cuore colmo di rimpianti – scrive Gabriele Bianchi – Eppure, tra le mura di una realtà dura e impietosa, ho trovato rifugi inaspettati. Sono stato rapito dalla dolcezza dello sguardo di mio figlio, in una fredda saletta di colloqui del penitenziario, dove il tempo sembrava fermarsi solo per noi. Nei suoi occhi ho visto riflessa la mia stessa voglia di riscatto, il desiderio struggente di riavere ciò che ho perso. Questa storia non inizia con 'C'era una volta', perché non è una fiaba. E' il racconto di un cammino difficile, di errori pagati a caro prezzo, di lezioni apprese nel modo più duro. Ma prego ogni giorno affinché possa concludersi con un finale diverso, con una rinascita, con la possibilità di dire: 'E vissero per sempre felici e contenti'. Perché anche le storie più buie meritano una luce in fondo al tunnel". (di Silvia Mancinelli)  —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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